“In
memoria di Kitty, grande compagna di tanti viaggi e missioni di pace:
il tempo potrà portarci nuovi amici e famigliari ma un posto nei nostri cuori
ti aspetterà per sempre”. Recita così un necrologio apparso al piè di una
pagina dedicata del New York Times, di pochi
giorni fa.
Ma
chi sarà mai questa Kitty? Un gatto, ovviamente.
Di
origini georgiane, naturalizzato americano, of course. E la sua padrona, Dorota
Gierycz di padre polacco, non è certamente quella che potremmo definire una
gattara (con tutto il rispetto dovuto alle gattare, s’intende): ex funzionaria
delle Nazioni Unite, esperta di peacekeeping, diritti umani e uguaglianza di
genere. Mica pizza, fichi e croccantini. Oggi docente e ricercatrice
accademica, un passato sul campo. Dove ha conosciuto Kitty: era a Tsiblisi e se
l’è vista comparire nel quartier generale dell’Onu, fra le braccia di un autoctono.
Correva
l’anno 2003. E fu amore istantaneo.
Ma
questa non è l’unica storia di addio felino in grande stile. Pare che l’usanza
stia contagiando le masse. Dall’America in giù. Lo scorso maggio è stato il
turno di Kiano, siamese del Canada, ampiamente compianto a mezzo stampa. Di lui
si vollero mettere in risalto persino la risolutezza caratteriale e l’irrascibilità
(“soffiava a chiunque provasse ad accarezzarlo”). E, ovviamente, la
consuetudine animalofila è arrivata fino a noi. Era il 2012 quando i padroni di
Eros, certosino del nord Italia dagli occhi grandi, acquistarono un’itera pagina
del Corriere della Sera (miao!) per salutare il felino estinto.
Con
tanto di congedo Deandreiano: “E come tutte le più belle cose, vivesti solo un
giorno come le rose”. La scelta del saluto lascia presagire una scomparsa
prematura, ma tant’è: sempre di addio si tratta. In grande stile. Anzi, in
questo caso: enorme.
Nessun
giudizio. Soltanto cronaca. Per sottolineare come la consuetudine stia
prendendo piede, anche dalle nostre parti. C’è chi ama più il gatto (o il cane)
del nonno (o della nonna). Chi addirittura più dei genitori. Certo è che
l’animale domestico rischia di deluderti meno. Senza procurarti stress (che non
vadano oltre la defecatio quotidiana).
E
allora l’unica domanda che resta è: voi, spendereste dei soldi per salutare in
modo plateale il vostro animale?
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